Nella primavera del 2004, all’inizio della mia relazione con A., ci trovammo per gioco a condividere il contenuto del portafogli: che sorpresa scoprire che eravamo entrambe iscritti all’ADMO (oltre che all’AVIS e all’AIDO…)! In quel momento ci scambiammo una promessa: se uno dei due fosse stato chiamato a donare il midollo, l’altro gli avrebbe “tenuto la manina” in ospedale.
Gli anni sono passati, la relazione è finita, ma quella promessa non l’ho mai dimenticata.
Il 13 dicembre 2010, giorno di Santa Lucia, che in alcune regioni porta tanti regali ai “bambini buoni”, sono nel reparto trasfusionale di un grande ospedale di Roma, seduta di fronte ad una dottoressa. Dopo vari accertamenti mi dice: “sa che il prossimo passo è l’effettiva donazione del midollo?”. Ne ero consapevole, ma non volevo illudermi, perché mi avevano chiamato anche qualche anno prima per una probabile compatibilità, poi non confermata.
Marzo 2011, parcheggio di un autogrill, in attesa che il cane faccia i suoi bisognini. Squilla il telefono: “Salve, la chiamo dall’Ospedale. La compatibilità è confermata. Lei conferma la sua disponibilità?”. La dottoressa ancora si ricorda il mio “Wow!!! Sì!!!”. Caso volle che in quel momento fossi in viaggio con A., il quale esce dall’autogrill, mi vede con gli occhi lucidi e il sorriso fino alle orecchie e gli basta il mio: “Mi terrai la manina?” per capire tutto.
Da quel momento è iniziato un bellissimo Cammino (per certi versi simile a quello di Santiago percorso l’anno precedente) durante il quale mi sono lasciata guidare da una dottoressa speciale che mi ha informata, accompagnata, supportata e sopportata, coccolata e scortata lungo i corridoi dell’ospedale. Il tutto per consentire ad uno sconosciuto bimbo di poco più di due anni, un cucciolo d’uomo che da poco si era affacciato alla vita, di diventare grande e poter godere del calore del sole, come quello che ha illuminato il 20 aprile, giorno della donazione… quale migliore segno di buon auspicio per una Rinascita?
Tante sarebbero le cose da raccontare, ma prima fra tutte l’emozione provata al risveglio dall’anestesia… se chiudo gli occhi e torno a quel giorno, ancora scendono le lacrime di commozione che, per pudore, non sono uscite in quel momento, ma a cui ho dato sfogo non appena tornata in camera: era una gioia incontenibile, era sentirmi piccola piccola di fronte ad un gesto che per qualcuno sarebbe stato grande grande, era la comprensione che niente sarebbe stato più come prima.
Altra emozione: vedendomi arzilla e pimpante, le infermiere mi chiesero se fossi disponibile a parlare con una mamma, che in quel reparto aveva entrambe i figli perché uno dei due avrebbe donato il midollo all’altro il giorno successivo. Era molto preoccupata e avrei voluto saltare giù dal letto e abbracciarla… i suoi occhi, il suo “grazie” anche se per lei non stavo facendo nulla, mi hanno fatto capire l’importanza del dono che avevo fatto a te, fratellino mio. Ho immaginato che quegli occhi fossero quelli di tua mamma, di tutte le mamme e di tutti i padri che, grazie a uno sconosciuto, possono continuare a veder crescere i loro figli.
Circa 6 mesi dopo arriva un’altra telefonata: avevi ancora bisogno di me. Pronti! Stavolta era stata richiesta la donazione da circolazione periferica: ammetto che l’idea di assumere i medicinali non mi piaceva molto, ma il mio cuore ti aveva promesso che sarei stata a tua disposizione anche oltre la prima donazione, quindi è ricominciata la trafila degli esami.
Mi piace pensare che nella prima sacca di midollo ci fosse anche una parte della mia tenacia e capacità di ripresa all’ultimo secondo, perché una settimana prima dell’inizio della terapia arriva una seconda telefonata: il midollo trapiantato ha ripreso a funzionare, quindi non serve la seconda donazione. Bravo guerriero!!
Da quel giorno niente è stato più come prima: ora sto collaborando con l’ADMO nelle giornate di sensibilizzazione nelle scuole e nelle università; ho partecipato alle due edizioni nazioni di “Ehi tu, hai midollo?”, raccontando per tutto il giorno la mia esperienza e le mie emozioni; guardo la medaglietta che ho al collo e penso a te, piccolo-grande G., mio gemellino.
Ci sono voluti quasi due anni per riuscire a scrivere questa testimonianza, perché ogni volta che ripenso a quel giorno, a tutto il percorso fatto per arrivarci, alle persone e alle storie conosciute in seguito, mi commuovo… le dita si bloccano sulla tastiera… gli occhi si fanno lucidi… e niente è più come prima.
Grazie fratellino.
T.
Ciao T., grazie per la tua testimonianza, è un racconto pieno di emozioni, e mi auguro che possa servire a far fare quel passo che ancora in molti, per diversi motivi non hanno ancora fatto, quello di diventare DONATORI!
Grazie 🙂