” Bene. Ora vi dico che cosa penso di qualcosa che, da settembre (quando la scuola riaprirà), diverrà per qualcuno una questione politica (lo è già adesso), ma per me diverrà una quotidiana realtà. Bene (ancora). Io non voglio parlare di politica e per me la situazione non è così urgente come potrebbe esserlo per altri ma sono una mamma, ho senso civico ed una mia morale. Bene (ancora una volta). C’era una cosa davvero buona che, ultimamente (secondo me, ovviamente, quindi evitiamo proclami e risposte risentite, per favore), era stata fatta: l’obbligo vaccinale andava a ‘stendere la mano’ ai tanti bimbi immunodepressi che ci sono a scuola. Mia figlia è tra questi bimbi (grazie a Dio è ormai una ragazzina). Chi la vede non ha assolutamente sentore di nulla perché la mia principessa sembra bella e in salute come e più degli altri. Ma Ilaria fa terapia sostitutiva ogni quindici giorni e riesce ad avere una vita (piuttosto) normale perché le infusioni di immunoglobuline la proteggono da ‘tante cose’… Bene (di nuovo), come ben sanno i suoi insegnanti (e Ilaria non ha una situazione tra le più difficili), da ottobre/ novembre a febbraio, lei è continuamente soggetta a febbri che spesso le impediscono una normale frequenza scolastica. Addirittura lo scorso anno (non quello appena trascorso) è stata assente da scuola per più di tre mesi, causa problemi immunologici. In quello stesso anno, quando a scuola si sono verificati casi di morbillo io (che avevo appena rimandato mia figlia a scuola), ho tremato. Ho chiesto gentilmente (tramite whatsapp: finalmente un uso utile delle chat dei genitori) ai genitori della classe di mia figlia chi tra i compagni avesse già avuto o meno quella malattia per vagliare, con l’ematologa di mia figlia, se fosse il caso di ritirarla di nuovo, per un po’, finché non passasse ‘l’ondata’… Ovviamente poi è andato tutto per il meglio ma questo è il quotidiano di un bimbo immunodepresso. O almeno lo era fino allo scorso anno quando, con l’obbligo vaccinale, molti genitori hanno iniziato a sperare in una migliore qualità di vita per i loro figli. Perché protezione dai rischi è uguale maggiore socializzazione per i bambini, non più costretti a casa nei momenti ‘critici’ e -ovviamente- vuol dire anche crescere senza sentirsi così diversi. Tanto lo sanno già di essere diversi. Basta poco per ricordarglielo. E no, ovviamente classi apposite, classi protette per bimbi immunodepressi (come ho sentito di recente) non vanno in direzione dell’inclusione. Mia figlia, così come i tanti bimbi che sono in condizioni immunologicamente a rischio non ha bisogno di ‘essere tutelata’, ma di essere accolta, amata, accudita, sostenuta, aiutata nella socializzazione che già vede (spesso) molto compromessa. Vi prego, facciamo crescere il nostro senso civico. Senza polemiche e senza proclami, riflettiamo sul l’importanza delle vaccinazioni. Al di là del fatto che spesso salvino la vita, vanno in direzione dell’inclusione. Ecco”. Valentina