“Signora qui c’è un linfonodo sospetto, dobbiamo fare un ago aspirato”……..
In quel momento passarono nella mia mente un vortice di pensieri che si rincorrevano l’un l’altro.
“E’ impossibile, io sto benissimo; ho fatto la maratona una settimana fa…”
Mentre dicevo queste parole, tentavo in qualche modo di convincere le dottoresse che si stavano sbagliando, ma allo stesso tempo venivo smentita dai loro movimenti e sguardi attenti e sicuri di ciò che avevano appena detto.
E’ così che è iniziata la mia storia che parla di una triste realtà fino ad allora vissuta da me solo indirettamente: il tumore.
Nell’attesa di quella risposta mi dicevo che sarebbe andato tutto bene, e questo era ciò che mi ripetevano le persone care: “vedrai che si sbagliano”, “non preoccuparti”, “è impossibile stai così in forma”. Io mi mettevo dalla loro parte e volevo che la mia testa si focalizzasse solo su questa linea di pensiero. Non poteva essere altrimenti. Io dovevo crescere i miei figli.
Venti giorni dopo arrivò la risposta. Il medico con molta determinazione mi lesse la sentenza. Io piansi e lui mi fece reagire dicendomi che non c’era da piangere perché l’avremmo sconfitto; poi mi abbracciò ed io sentii una forza incredibile e parte della paura andò via.
Fui operata.
Venne dato un nome al mio male: un linfoma non-hodgkin diffuso a grandi cellule b.
In parole povere, un grande bastardo!
Dall’ospedale di Marino, dove era iniziato tutto, entrai in ematologia oncologica di Tor Vergata.
Lunghi corridoi, contrassegnati da linee colorate, portavano ai vari reparti. Io dovevo seguire la linea arancio. Mi guardavo intorno e vedevo tanta gente in attesa. Foulard e mascherine, ma soprattutto occhi stanchi a volte persi nel vuoto, ognuno con la propria storia e una battaglia da vincere.
I medici mi parlarono del mio stato, delle cure da iniziare, del lavoro e lo sport da dover lasciare e di tutto ciò che avrebbe interferito sul mio stato. Con meticolosità mi spiegarono termini fino ad allora per me sconosciuti; con gentilezza e professionalità mi ripetevano tutto ciò che non avevo capito.
Uscii dalla visita frastornata. Avevo mille ricette, fogli che nella testa erano sparsi e in disordine come la scrivania dei miei figli.
Avevo bisogno di raccontare, ascoltare storie e sapere di poter dare qualcosa di mio: un sorriso, una parola, una stretta di mano.
Fu in quel momento che i miei occhi si posarono su una locandina che parlava dell’Arcobaleno della Speranza e dell’iniziativa “Diamo corpo e cura all’immagine”. Questa cosa mi piaceva, avevo bisogno di conoscere persone che si sarebbero prese cura di me.
Andai al primo incontro con molto entusiasmo, sapendo di rivedere persone che già avevo conosciuto mentre facevo le chemioterapie. La prima fu Laura, infermiera tenera e dolce, che col suo abbraccio mi aveva dato una grande forza. Poi Annalisa, anche lei infermiera simpatica e sempre col sorriso; poi Sara che era passata in day-hospital donando, a chi come me era in terapia, il suo bellissimo cd che raccontava con una canzone la sua storia, e infine Maria Stella Marchetti, donna straordinaria e generosa che aveva dato vita a questa grande associazione.
Vi era uno specchio su ogni tavolo attraverso il quale si riflette la nostra immagine, le nostre storie, la vita che è cambiata in un istante, il sentirsi diversi e a volte inadeguati, impauriti, tristi… Poi tutto cambia.
C’è chi come Valentina ti insegna a truccarti e ridisegnare le sopracciglia, chi ti dona la sua parrucca o ti spiega come sistemare il foulard sulla testa, ci sono i racconti, le lacrime e poi i sorrisi, c’è qualcosa di straordinario come lo yoga della risata, che ha lasciato in me emozioni uniche, c’è la voglia di fare, di dare, di ricominciare e soprattutto di non mollare mai perché non siamo sole, perché siamo legate una all’altra. Unite si vince!!! Sempre!!! Viva la Vita
Simona
Stupenda te e la tua storia. Ti voglio un mondo di bene senza un perché.. non siamo così amiche da giustificare la stima è il rispetto che provo nei tuoi confronti ma il tuo sorriso è speciale e mi fa stare bene, quindi sorridi sempre perché senza saperlo puoi illuminare la giornata di qualcuno. Ti abbraccio forte
Mi hai commossa
Grazie di cuore tesoro Spero di incontrarti presto magari al prossimo incontro dell’associazione