Una diagnosi precoce vuol dire un intervento rapido che può evitare il peggio. È sempre auspicabile che ciò accada, ma nel caso della leucemia acuta promielocitica (Lap), una rara forma di leucemia “iperacuta”, lo è forse ancora di più. Perché la patologia può iniziare con un episodio di emorragia improvvisa e poi progredire molto rapidamente fino a causare gravi danni (come un’emorragia cerebrale) ancora prima di aver ricevuto una diagnosi e quindi di essere sottoposti a un trattamento.
È per questo che Teva Italia ha organizzato ieri 19 aprile a Milano un media tutorial, per diffondere la conoscenza di una malattia che colpisce circa 150 persone all’anno in Italia, guaribile nella maggioranza dei casi, ma per la quale è necessaria una diagnosi tempestiva che consenta di intervenire in tempi rapidi.
«Se la leucemia acuta promielocitica (Lap) – ha spiegato Francesco Lo Coco ordinario di ematologia del Dipartimento di Biomedicina e prevenzione dell’Università Tor Vergata di Roma – non viene identificata in tempi rapidi in centri di riferimento esperti e attrezzati per affrontarne la gestione, il rischio di mortalità precoce è molto elevato».
Nell’incontro di ieri sono stati ricordati i progressi della ricerca con il contributo fondamentale del Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto (Gimema) fondato dall’ematologo Franco Mandelli., soprattutto. Oggi il 90 per cento dei pazienti a cui viene diagnosticata la Lap può guarire. «L’armamentario terapeutico a nostra disposizione – ha detto Giuseppe Rossi direttore della Struttura Complessa di Ematologia e Dipartimento di Oncologia Clinica dell’Asst Spedali Civili di Brescia – si basa su farmaci mirati, associati alla trasfusione di concentrati piastrinici ed altri emoderivati come il plasma fresco congelato».