Aplasia

3 Maggio 2009

Si dice così per dire che sei uno straccetto, con il sangue ridotto a trasportatore d’acqua, privo di ogni capacità difensiva, e anche come trasportatore di ossigeno non è nella forma migliore.

E’ uno stato che ti aspetta dopo la cura, che tu non ricordi mai esattamente per quel che è, se sei fortunato come lo sono stato finora, non ti colpisce in pieno viso e non ti fa male, ma ti mina, mina il tuo morale e tradisce il tuo fisico, e così le sensazioni che provi le perdi, e ti ricordi come un eroe che ha attraversato indenne il deserto per raccontarlo ancora, ma che del deserto ha perso il profumo della sabbia, il calore del sole, la forza del vento.

Quando sei steso pensi di potercela fare, che stai uscendo, che sei più forte, quando raccogli la sfida ti rendi conto che non sei niente, che al massimo puoi stare steso, meglio se dormi. E ti ribelli e provi a fare qualcosa, qualsiasi cosa, e subito la testa, le mani, le gambe cedono, si fermano o traballano.

E la fine è lunga, sembra sempre che si allontani, giorno per giorno, ora per ora, oggi passa ma domani? E aspetti che si alzi la temperatura, che arrivino i brividi, che stai peggio e ogni brivido è un segnale, ogni tremore una campana che rimbomba in testa, che sembra annunciare qualcosa e invece tutto passa.

Sono giorni vuoti, passati a farli passare, che in questi giorni di festa si allungano di nuove solitudini incolmate, da cui tieni a forza fuori i pensieri che non ti piacciono, perché è una guerra che si vince in trincea, se la lasci passare in quei momenti non sai sei riesci a ricacciarla lontano

E tutto questo aspettando che il tuo stato peggiori, perché è così che funziona, nella paura che i rantoli che sentivi ti vengano a trovare, chiedendoti ogni volta, ce ne sarà una prossima? e sarò pronto ad affrontarla o le perdite di questa non potranno essere recuperate in tempo?

Marco

 

 

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