Domani chiudiamo la valutazione (work up) con una bella tac, e poi penso che si inizi, sperando di colpirla un po’ più forte questa volta, che almeno ci metta un po’ a rialzarsi, perché cavolo la senti ora, alle spalle, ridere di te, sentirsi più forte, reclamare il suo tributo.
Perché è proprio subdola, non ti fa male, non subito, non entra sbattendo la porta, si acquatta sotto il tavolo e aspetta, con calma, che altri facciano il lavoro sporco, un virus insignificante, un piccolo batterio, lei non ti uccide, non direttamente. Ma non guarda in faccia nessuno, sabato si è presa il mio primo compagno di strada, un ragazzino, 17 anni nemmeno. 1 mese fa giocavamo a fifa, oggi non c’è più. Perso in questo mondo alternativo che è il reparto, dove nessuno si lamenta se non dorme perché qualcuno rantola per i dolori, perché sa che potrebbe essere il prossimo, dove il tempo si misura in settimane, 1 settimana per le analisi, 3 settimane per la terapia, 5 settimane per il ricovero, almeno, dove quando qualcuno non ce la fa, un pezzo di ognuno di noi non ce la fa e quando qualcuno ce la fa, tutti ce la facciamo, almeno per un giorno. Dove senti la signora nera dentro la stanza, eppure sai che c’è un angelo bianco accanto ad ogni letto.
E tu ti curi, strana cura, un dolce veleno che ti spossa, tu ti senti bene e fai scorrere nelle vene questo veleno che ti distrugge, nella speranza che distrugga ancor di più lei. E non sai se ogni giorno ti avvicini o ti allontani, se quello che senti lo sente anche lei, di meno, di più, e in questa vita che è una battaglia ti manca il segnapunti, non sai mai dove stai, se avanti o dietro.
E’ lungo, lo sapevamo, questo viaggio, è senza bussola, lo facciamo orientandoci con sensazioni fallaci e svianti, ti senti sulla strada e sei fuori come un balcone, ti senti perso ed hai appena trovato la strada. Eppure bisogna camminare sempre, verso un punto che non vedi, che non ti poni neanche come obiettivo, è troppo presto ora, l’obiettivo ora è lo stesso viaggiare, muoversi, guardarsi indietro e vedere che sei in un posto diverso da ieri, non importa in che direzione, non fermarsi, non arrendersi, questo è ora l’obiettivo.
E mica è facile non fermarsi, vedere la morte, la delusione più che il dolore negli occhi che una mamma ha consumato di lacrime, dove ormai il dolore era superato, per una sensazione che va al di là di quello che possiamo immaginare e che pure mai si erano mostrati umidi di fronte a quel che restava del proprio desiderio di immortalità. La voglia di fermarsi, di dire chi me lo fa fare di soffrire così senza garanzie, per una speranza vaga e forse vana, ti prende a tradimento, la mattina e la sera, quando sei solo a pensare, quando le prime luci ti chiamano alla vita o le prime ombre ti consegnano all’oblio.
Per questo non dobbiamo mai lasciarci le mani, lavorando insieme, litigando, chiacchierando, spettegolando….per farmi assaporare la vita ogni momento e non farmi fregare da lei. Che è subdola, ti illude e ti colpisce, si nasconde e si mostra, sempre senza sosta. Lei ha tutto il tempo a disposizione, noi così poco.
Marco
Marco, sei stato bravissimo ha raccontare le senzazioni che si provano in certi frangenti. Una voce per tutti i conbattenti. Grazie
Ciao Marco. Hai scritto un post che ha tutta la bellezza e la forza della verità. Della verità e della consapevolezza. Hai davvero dato voce a tutti noi che passiamo di qua, anche a chi, come me, quando lottava non aveva le parole adatte per esprimere una consapevolezza che pure c’era. Mi fa uno strano effetto pensare che il motivo per cui sono qui a scrivere, a 37 anni, è la Gloria di 14 che porto sempre dentro di me. Ti ringraziamo tutte e due per aver parlato anche per noi, per aver saputo individuare così bene tutti i “suoi” punti forti e per essere stato sincero. E per aver teso tu una mano a noi. Io te la stringo forte.
Ciao Filippo, Ciao Gloria, ciao a tutti
sapere che qualcuno legge le mie povere parole e si ritrova nelle mie sensazioni mi fa molto piacere.
Io sono entrato in questo tunnel da relativamente poco e non so come e quando ne uscirò, e non so neanche se ne uscirò. Ho iniziato a scrivere i bollettini per permettere ad amici e colleghi di seguire il mio viaggio senza pesare su mia moglie.
Poi poco alla volta è diventato un posto dove comunicare emozioni e sensazioni, sempre più profonde e difficili da decifrare. Dopo 3 mesi di tentativi +/- riusciti, penso di avere messo a fuoco buona parte delle emozioni in queste righe, con un respiro più ampio degli altri scritti.
Penso che sia utile, indispensabile, dare una forma alle proprie emozioni e coinvolgere quante più persone possibile, perché questo non è un viaggio che si può fare da soli.
Grazie e a presto.
Marco
Ciao Marco, grazie per averci regalato queste tue sensazioni, sensazioni vere che raccontano la brutta verità di chi passa e affronta una situazione come la nostra.
E’ vero quello che dici della morte, che si avvicina e si allontana, ma comunque ti gira sempre intorno e se non è per te è per qualcun’altro.. lasciandoti delle sensazioni che nessuno può capire. E come dici tu non facciamoci fregare e assaporiamo tutto quello che la vita ci vuole regalare senza respingere niente, affrontando nonostante tutto questo male.
ciao carissimo marco, abbiamo letto con emozione le tue parole e ti assicuro che sono le senzazioni che si percepiscono in quel reparto ,ogni giorno lo si vive con la consapepovolezza che la morte ti si avvicina e si allontana……sei un grande caro marco …a presto lory e paolo
grazie
Caro Marco,grazie infinite per ciò che hai scritto..
Non ho vissuto personalmente l’esperienza che stai affrontando..e ancora più-proprio per questo- ti dico grazie,per le emozioni che trasmettono le tue parole,anche e soprattutto a chi forse non potrà capire cosi bene ciò che si prova,non essendoci passata!
Il fatto che tu abbia raccontato cosi sinceramente tutto cio che provi è una grande dimostrazione del fatto che non hai nessuna intenzione di farti “fregare da lei” e che hai una forza d’animo davvero grande!!! Grazie! Ti mando un abbraccio forte forte!