È sempre un’emozione per me dare speranza.

Mi presento, mi chiamo Federica Centorrino, questa la mia esperienza con un “brutto male” che, nel male e nel bene, ha segnato la mia vita, rendendomi ciò che sono oggi.

Tutto è iniziato nel febbraio 2013 quando mi è stato diagnosticato il Linfoma non-Hodgkin non volendo entrare nel dettaglio scientifico, mi limito a specificare che trattasi di un tumore al sistema linfatico.

A pochi giorni da questa agghiacciante notizia, avvolta dall’affetto della mia famiglia mi sono trasferita a Genova, essendo io di origini calabresi, dove, presso l’Ospedale “San Martino” ho intrapreso questa tormentata e (apparentemente) interminabile battaglia contro la morte.

Il tipo di tumore diagnosticatomi ha visto sottopormi a numerosi, debilitanti e logoranti (sia fisicamente che mentalmente) cicli chemioterapici, oltre che, successivamente, a ben due trapianti, autologo nel novembre del 2013 e allogenico nel febbraio 2014, a pochi mesi di distanza, e che ha visto come donatore mio fratello.

Se oggi sono qui e ho la possibilità di raccontare la mia storia, è grazie a lui. Mi ha ridonato la vita!

Solo in apparenza riappropriatami della vita, i dolori iniziavano a sparire e le giornate riacquistato colore, nel mese di marzo 2021 mi veniva diagnostico un nuovo tumore, nello specifico di un carcinoma squamoso alla lingua. Non senza timore ma temprata dall’esperienze vissute anni prima, con fermezza d’animo ho affrontato questa nuova battaglia. Altri due interventi chirurgici a distanza di 15 giorni non mi hanno però abbattuta, ed infatti, non solo sono riuscita (sempre sostenuta dall’amore della mia famiglia e dalla professionalità dell’equipe medica e paramedica che si è presa cura di me) in questa ennesima impresa. Anzi, durante il periodo post operatorio sono riuscita a termina gli esami ed il tirocinio del Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche.

Ma oggi la cosa che più mi inorgoglisce ed emoziona è la possibilità di parlarvi da infermiera operante nel medesimo Ospedale che mi ha accolto come paziente, formata come studentessa e che, oggi, mi vede parte del personale!

Non so il perché sia sopravvissuta!? Ho provato a rispondere a questa intellegibile domanda pensando che la mia missione ora, è quella di dare forza agli altri che, vivendo i miei stessi mali passati, hanno bisogno di aiuto. Sento il dovere di essere portatrice di serenità. Dare conforto e provare a riempire quell’immenso vuoto che il cancro crea in coloro che soffrono; al di là dell’assistenza medica, anche con una parola, un sorriso, una carezza… E non crediate che solo perché so di essere una sopravvissuta mi arroghi tale compito! Non passa giorno che mi guardi allo specchio chiedendomi se sono e sarò all’altezza di questo delicato compito. Resisterò? Riuscirò ad alleviare la sofferenza e a dar barlume alla speranza di chi, nell’affrontare queste terribili malattie mi chiama o mi invia messaggi – cosa che quotidianamente accade – cercando in me sponda per un parola di conforto.

Della risposta non ne sono a conoscenza! Ma di una cosa sono sicura: non finirò mai di aiutare chi ha bisogno! È una cosa mi rende felice!

Nessuno ci obbliga a diventare infermieri, medici o ricercatori, ma se abbiamo scelto di fare questo mestiere, allora dobbiamo essere consapevoli che una buona cura non è fatta solo da un operato impeccabile, ma deve essere condita da una buona dose di sensibilità, buon umore e di empatia (dal greco sua pathos: capacità di soffrire, di emozionarsi insieme), ingredienti questi si contagiosi e capaci ottimizzare qualsiasi farmaco; perché come diceva Platone “Il vero medico e la conversione dell’anima alla vera salute”.

Grazie a tutti! Federica

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